Operazione Ghenos, 56 misure cautelari contro i tombaroli tra Sicilia e Calabria
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Redazione Interno
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L’operazione, battezzata “Ghenos”, ha permesso di sgominare un’articolata rete di tombaroli, la cui attività si estendeva ben oltre i confini regionali.
Gli indagati, quarantacinque dei quali sono finiti in carcere mentre per altri si applicano misure diverse, sono accusati di aver pianificato e condotto sistematici scavi clandestini, spesso condotti con mezzi tecnici sofisticati che nulla hanno da invidiare a quelli impiegati in archeologia legittima, per poi immettere sul mercato nero i reperti trafugati.
Il meccanismo criminale, come spesso accade in questi casi, si basava su una rigida divisione dei compiti: c’erano quelli che individuavano i siti, spesso grazie a ricerche d’archivio o a segnalazioni di informatori locali, quelli che materialmente scavavano di notte, danneggiando in modo irreparabile i contesti stratigrafici, e infine quelli che si occupavano della commercializzazione, trovando acquirenti disposti a pagare profumatamente pur di possedere un frammento di storia rubata. rainews +3
Sebbene il valore economico dei manufatti archeologici intercettati sia di per sé considerevole, esso è poca cosa rispetto al danno scientifico provocato da queste attività.
Quando un oggetto viene asportato illegalmente dal suo sito di origine, si perde per sempre il suo legame con il luogo del ritrovamento, con gli altri reperti associati e con le stratigrafie del terreno, elementi che costituiscono la vera fonte di informazioni per gli studiosi.
Quel vaso, quella moneta o quella statuetta, privati del loro contesto, diventano semplici oggetti d’antiquariato, muti testimoni di un passato il cui significato più profondo viene cancellato.
Le forze dell’ordine, in operazioni come questa, si muovono quindi su un duplice binario: reprimere il reato e, ove possibile, tentare di ricostruire la filiera del traffico per recuperare almeno una parte di quanto è stato sottratto. frosinonenews +3




