Negli Stati Uniti una svolta sul vaccino contro l'epatite B per i neonati

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SALUTE

Redazione Salute Redazione Salute   -   Un cambiamento significativo nelle politiche vaccinali statunitensi si è delineato con la decisione, presa dal comitato consultivo sui vaccini dei Centers for Disease Control and Prevention, di abbandonare la raccomandazione che imponeva la somministrazione della prima dose di anti-epatite B entro le prime ventiquattr'ore dalla nascita.

Una linea guida, quest'ultima, risalente al 1991 e rimasta a lungo un pilastro della profilassi pediatrica, che viene dunque sostituita da un approccio maggiormente differenziato, il quale dovrà ora ricevere l'approvazione definitiva del direttore facente funzione dell'agenzia federale.

Il presidente Donald Trump, nel ribadire la sua posizione sul tema, ha esortato le autorità sanitarie a rivedere il calendario vaccinale infantile, giudicandolo eccessivamente carico di somministrazioni. sky

Il modello svizzero e le reazioni in Italia

La discussione, che ha varcato i confini nazionali, ha riportato l'attenzione sulle diverse strategie adottate nel mondo, come quella svizzera illustrata da un'esperta: "andiamo a vaccinare in modo mirato nelle prime 24 ore di vita i bambini che nascono da mamme che sono positive all'epatite B".

Questo protocollo, reso possibile dallo screening obbligatorio per tutte le donne in gravidanza, rappresenta un modello di profilassi selettiva, mentre per i nati da madri con esito negativo la vaccinazione è prevista entro il secondo mese di vita, all'interno del consueto ciclo esavalente.

Oltreoceano, la scelta americana ha sollevato perplessità e forti critiche in ambito scientifico, dove il virologo Fabrizio Pregliasco ha definito "rivoltanti" le mosse statunitensi, esprimendo preoccupazione per un potenziale ritorno di malattie ormai considerate prevenibili. sky

Il quadro normativo italiano e le implicazioni

In Italia, il dibattito si inserisce in un contesto normativo ben definito, dove il vaccino contro l'epatite B è obbligatorio per legge e somministrato, secondo il calendario vaccinale nazionale, attraverso tre dosi nel primo anno di vita, con la prima che solitamente viene offerta al terzo mese.

La nostra impostazione, quindi, si discosta sia dalla precedente raccomandazione universale americana alla nascita, sia dalla nuova direzione intrapresa dagli Stati Uniti, mantenendo un obbligo legislativo che non prevede eccezioni se non per specifiche e documentate condizioni mediche.

La differenziazione delle politiche sanitarie su scala globale, del resto, riflette valutazioni di costo-beneficio e di organizzazione dei sistemi sanitari che non sempre convergono, pur partendo da evidenze scientifiche largamente condivise. sky

Considerazioni sulla salute pubblica

La decisione statunitense, che ha suscitato reazioni accese nella comunità scientifica internazionale, riapre una riflessione più ampia sui modelli di prevenzione, i quali devono bilanciare l'efficacia protettiva con la sostenibilità e l'accettabilità delle campagne di immunizzazione di massa.

L'epatite B, patologia che può condurre a gravi complicanze epatiche croniche, rimane un rischio concreto, e la strategia vaccinale rappresenta lo strumento di gran lunga più efficace per il suo controllo.

La vicenda dimostra, una volta di più, come le scelte in materia di sanità pubblica siano il risultato di un intricato intreccio tra scienza, politica e percezione del rischio, elementi che spesso portano a esiti differenti a seconda del Paese che si prende in esame. sky