Poste italiane sale al 27% di Tim, ma l'Opa resta un'ipotesi lontana
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Redazione Economia
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Il gruppo guidato da Matteo Del Fante ha consolidato la sua posizione di primo azionista in Telecom Italia, completando l'acquisizione della quota residuale del 2,51% che era ancora nelle mani del fondo francese Vivendi.
L'operazione, conclusa per un corrispettivo di 187 milioni di euro prelevati dalla cassa disponibile, porta la partecipazione di Poste Italiane al 27,32% del capitale ordinario della società di telecomunicazioni, superando in modo netto la soglia del 25% che normalmente imporrebbe il lancio di un'offerta pubblica di acquisto obbligatoria sul totale delle azioni.
Una possibilità, questa, che però viene subito scartata attraverso una dichiarazione formale che rivela l'intenzione di avvalersi di una precisa esenzione normativa, ovvero quanto previsto dall'articolo 106 del Regolamento Consob. ilsole24ore +3
La via scelta per evitare l'offerta pubblica
Poste Italiane, di fatto, si impegna a cedere a soggetti terzi non correlati le azioni eccedenti la fatidica quota del 25% entro un arco temporale di dodici mesi, un impegno che permette di eludere l'obbligo dell'Opa.
Nel frattempo, come ulteriore condizione per beneficiare della deroga, l'azienda si asterrà dall'esercitare i diritti di voto connessi proprio a quel pacchetto di titoli in eccesso, una mossa che, se da un lato conferma il carattere puramente finanziario dell'operazione nel breve termine, dall'altro non offusca la rilevanza strategica dell'investimento nel panorama telecomunicativo nazionale.
L'acquisizione, del resto, si inserisce in un percorso di avvicinamento tra i due colossi che dura ormai da anni, con l'obiettivo dichiarato di creare sinergie in settori cruciali come quello dei servizi cloud e della connettività a banda ultralarga, considerati pilastri per la transizione digitale del paese. milanofinanza +3
Gli equilibri societari e gli scenari di mercato
La mossa di Poste Italiane giunge in un momento particolarmente delicato per Tim, alle prese con un complesso piano di riorganizzazione che prevede la scissione della rete e la gestione del pesante indebitamento, e contribuisce a consolidare un azionariato stabile in un'ottica di lungo periodo.
Mentre i mercati finanziari europei, sostenuti dai nuovi record di Wall Street, mostrano un tono positivo con il FTSE Mib che si avvicina alla soglia psicologica dei 44.000 punti, l'operazione viene percepita dagli analisti più come un rafforzamento di una posizione esistente che come il preludio a un'azione aggressiva di acquisizione del controllo totale.
Resta sullo sfondo, inevitabilmente, la figura dell'altro grande azionista, il fondo americano, che detiene una quota di minoranza ma con diritti di governance consolidati. ilmessaggero +3
Le ricadute operative e il futuro prossimo
L'impegno a dismettere la piccola quota eccedente entro un anno lascia intendere che, per il momento, il management di Poste Italiane non intende impegnare ulteriori risorse per alzare la percentuale di partecipazione, pur mantenendo un ruolo di primo piano nel consiglio di amministrazione della società.
Gli sviluppi futuri, quindi, saranno da monitorare non tanto sul fronte delle quote di capitale, almeno nel breve, quanto su quello delle strategie industriali comuni che i due gruppi potranno portare avanti, in un settore, quello delle telecomunicazioni, che vive una fase di profonda trasformazione e di investimenti onerosi.
L'attenzione si sposta così sui prossimi passi operativi, nell'attesa di vedere chi, tra gli investitori istituzionali, raccoglierà il pacchetto di azioni che Poste è obbligata a vendere per rispettare gli impegni presi con il mercato. investire +3




