La Bulgaria entra nell'euro tra le dimissioni del governo e il malcontento popolare

La Bulgaria entra nell'euro tra le dimissioni del governo e il malcontento popolare
Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
ESTERI

Redazione Esteri Redazione Esteri   -   Mancano ormai pochi giorni al passaggio alla moneta unica, un traguardo a lungo atteso e più volte rimandato, ma l'atmosfera in Bulgaria è tutt'altro che festosa.

Le strade di Sofia, e non solo, sono invece tornate a riempirsi di una tensione palpabile, con decine di migliaia di persone che hanno invaso piazza 'Indipendenza' per chiedere a gran voce un cambiamento.

Slogan come "Fuori la mafia" e l'invocazione per le dimissioni dell'esecutivo hanno riecheggiato sotto i palazzi del potere, in una scena che riporta alla memoria le proteste degli anni passati.

Il governo di Rosen Zhelyazkov, insediatosi appena a gennaio, si è trovato infatti a navigare in acque agitate fin dal suo esordio, costretto a superare una lunga serie di voti di fiducia in un parlamento frammentato. euronews

Un esecutivo fragile e la rabbia per la corruzione

La coalizione che sosteneva Zhelyazkov, un assemblaggio tra forze di centrodestra, socialisti di orientamento filorusso e nazionalisti, non aveva mai goduto di una solida base popolare, trovando il suo fondamento più in calcoli parlamentari che in un reale consenso.

Le accuse di corruzione, quelle contro cui i manifestanti scendono in piazza da mesi, hanno eroso ulteriormente quella che era già una legittimità debole. La rabbia, come spesso accade, si è concentrata sulla figura del primo ministro, diventato il simbolo di un sistema politico considerato marcio e distante dalle esigenze della gente.

Alcuni dei cartelli esposti in piazza, del resto, non lasciavano spazio a interpretazioni: "Questa volta non ci fregano", recitavano, in una sfida diretta alla classe dirigente. euronews

L'euro sullo sfondo delle proteste

Se la corruzione è il detonatore della protesta, lo sfondo è indubbiamente segnato dalle preoccupazioni economiche legate all'imminente ingresso nell'Eurozona. La decisione, già rinviata in due precedenti occasioni, viene vista da una parte della popolazione non come un'opportunità, bensì come un ulteriore fattore di pressione.

Molti temono che il passaggio alla moneta unica, accompagnato da misure di austerità percepite come antipopolari, possa aggravare le condizioni di vita in un paese già alle prese con disagi sociali ed economici.

Le piazze, in un certo senso, esprimono una duplice diffidenza: verso una politica nazionale giudicata inaffidabile e verso una transizione economica avvertita come imposta dall'alto e foriera di nuovi sacrifici. euronews

Le dimissioni e un futuro incerto

Alla fine, la pressione è diventata insostenibile. Rosen Zhelyazkov, che solo una settimana prima aveva dichiarato con forza di non avere "il diritto di abdicare", ha presentato le proprie dimissioni in parlamento, evitando di sottoporsi a un ulteriore, ennesimo, voto di fiducia.

"Abbiamo ascoltato la voce della società", ha affermato il premier nel suo discorso di addio, riconoscendo, seppur tardivamente, il profondo solco scavatosi tra l'esecutivo e il paese.

La sua uscita di scena, a poche settimane dall'addio al lev, lascia la Bulgaria in una condizione di estrema precarietà istituzionale, costretta a guardare a un complesso negoziato per la formazione di un nuovo governo o, più probabilmente, alle ottave elezioni politiche dal 2021.

Il paese si appresta così a varcare una delle soglie più importanti della sua storia recente senza una guida politica stabile, in un clima di profonda divisione e incertezza. euronews