Nato, tra l'allarme russo di Rutte e le incognite Trump: cosa può fare l'Europa

Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
ESTERI

Redazione Esteri Redazione Esteri   -   In una Berlino che ancora custodisce il ricordo simbolico del Muro, il segretario generale della Nato Mark Rutte ha lanciato un monito che, per la sua crudezza temporale, ha scosso le cancellerie del continente.

La Russia, secondo l’analisi presentata al governo tedesco, potrebbe infatti tentare un attacco militare contro un paese membro dell’Alleanza Atlantica entro un orizzonte di cinque anni, indicando esplicitamente l’Europa come “prossimo obiettivo”.

Un avvertimento, il suo, che riecheggia la storica transizione di trentasei anni fa, quando il suo predecessore Manfred Wörner percorse la strada inversa per unirsi alla folla in festa, ma che oggi delinea un panorama di sicurezza radicalmente mutato e potenzialmente minaccioso. startmag +3

L'ombra delle divisioni interne e la svolta di Kiev

Questo allarme, per quanto grave, risuona in un’organizzazione che Rutte stesso ha definito attraversata dalla “più grave crisi” dalla sua fondazione.

Una crisi di natura multiforme, che affonda le radici nello spostamento dell’attenzione strategica americana verso il teatro Asia-Pacifico e l’America Latina, lasciando gli europei a interrogarsi sulla propria autonomia.

A tale disallineamento di priorità si sommano, poi, divergenze profonde tra i capi di stato e di governo alleati, le quali riguardano nodi cruciali come l’invio di personale militare in Ucraina e la destinazione degli ingenti asset russi congelati, sui quali Bruxelles ha avviato un iter per il blocco sine die.

Parallelamente, a Kiev, il presidente Zelensky ha per la prima volta aperto alla possibilità di cedere territori, una decisione che intende però demandare alla volontà popolare attraverso un referendum, introducendo un elemento di complessità inedito nel dibattito sul conflitto. sofiaoggi +3

La presidenza Trump e i nervi scoperti dell'Alleanza

A complicare ulteriormente il quadro strategico interviene l’atteggiamento dell’amministrazione statunitense guidata dal presidente Donald Trump, il cui approccio pragmatico e spesso spigoloso sta mettendo a dura prova la tradizionale coesione atlantica.

La sua recente impazienza verso i leader dei cosiddetti “Volenterosi”, ai quali ha negato un incontro in assenza di un pronto accordo di pace da firmare, segnala una volontà di procedere secondo tempi e modalità unilaterali.

Una posizione che, se da un lato accelera le pressioni per una soluzione negoziale del conflitto in Ucraina, dall’altro alimenta l’incertezza tra gli alleati europei circa la solidità del tradizionale paracadute di sicurezza americano, spingendo molti di loro a riconsiderare urgentemente le proprie capacità di difesa autonome. ilmanifesto +3

Il riarmo come imperativo e le questioni irrisolte

La risposta immediata evocata da Rutte si concentra dunque su un massiccio piano di riarmo, presentato come l’unica via per colmare il vuoto di deterrenza e prepararsi a uno scenario che, fino a poco tempo fa, sarebbe apparso inconcepibile.

Tuttavia, la strada per una credibile autonomia strategica europea è lastricata di ostacoli che vanno ben oltre i pur necessari investimenti nella difesa.

Restano infatti del tutto aperti, e fonte di attrito, gli interrogativi su come gestire le immense risorse finanziarie russe bloccate, su quale livello di supporto militare diretto sia politicamente sostenibile, e su come conciliare le diverse sensibilità nazionali rispetto alla minaccia immediata.

Sono questi i nodi che l’Europa si trova a dovere sciogliere in una corsa contro il tempo dettata non solo dai movimenti del Cremlino, ma anche dalle nuove dinamiche transatlantiche. lastampa +3