Italia e Danimarca guidano l'offensiva alla Cedu sul fronte migranti
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Redazione Esteri
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L'offensiva diplomatica lanciata lo scorso maggio da Italia e Danimarca per rivedere i vincoli della Convenzione europea dei diritti dell'uomo in materia di immigrazione ha compiuto un passo decisivo, ottenendo l'adesione formale di ventisette Paesi membri del Consiglio d'Europa.
L'organismo – che va distinto, è bene ricordarlo, dalle istituzioni dell'Unione europea – ha ospitato una riunione informale convocata dal segretario generale Alain Berset, la quale fa seguito alla lettera congiunta promossa dai due governi.
Un percorso che, partito da sette firme iniziali, ha visto negli mesi una progressiva e significativa adesione, configurandosi come un tentativo coordinato di ridisegnare i perimetri giuridici della protezione internazionale. ilmanifesto +3
La dichiarazione congiunta e la spinta sulle politiche restrittive
Il documento approvato, una dichiarazione congiunta, sostiene con forza la necessità che la Cedu, pietra angolare del sistema di tutela continentale, possa "affrontare efficacemente le sfide migratorie".
Una formulazione che, sebbene apparentemente neutra, delinea in realtà la volontà politica di numerosi esecutivi di ottenere maggiore margine di manovra per implementare normative più severe.
L'iniziativa si inserisce in un contesto sovranazionale dove l'adozione di politiche sempre più restrittive – alcune delle quali potenzialmente lesive delle garanzie fondamentali – procede senza soste, come dimostrato dall'accordo raggiunto dal Consiglio europeo per ampliare la definizione di Paesi sicuri.
Quel provvedimento, di fatto, permetterà agli Stati di dichiarare inammissibili richieste di asilo laddove il migrante avrebbe potuto trovare protezione altrove, svincolando tale possibilità dalla necessità di un legame pregresso con il Paese terzo. huffingtonpost +3
L'appello pubblico di Starmer e Frederiksen
La spinta riformatrice ha trovato una cassa di risonanza di rilievo in un inatteso appello pubblico. Il primo ministro britannico Keir Starmer – la cui ascesa è stata segnata da un linguaggio duro sulla gestione dei flussi – e la premier danese Mette Frederiksen hanno unito le loro voci in un articolo pubblicato sul "Guardian".
Nel pezzo, i due leader, in una stonatura temporale con le celebrazioni per la Giornata mondiale dei diritti umani, hanno invocato "urgenti" modifiche alla Convenzione, ritenuta un ostacolo all'adozione di misure drastiche per il controllo delle frontiere contro la migrazione cosiddetta illegale.
Una presa di posizione che segna un ulteriore scollamento tra le enunciazioni di principio e le pratiche di governo, e che offre copertura politica all'intero processo negoziale in seno al Consiglio d'Europa. ildubbio +3
Il contesto giuridico e il ruolo dell'argine costituzionale
La discussione sulla revisione della Cedu non può prescindere, per gli Stati membri come l'Italia, dal dialogo con i propri testi fondamentali.
La Costituzione italiana, la cui Carta riconosce il diritto di asilo, rappresenta un baluardo non negoziabile che continuerà a interagire – e a volte a contrapporsi – con le evoluzioni del diritto internazionale.
L'azione del governo Meloni, che su questo tema registra un avanzamento dopo il via libera Ue sulle nuove regole per i rimpatri, si muove dunque su un doppio binario: da un lato spinge per allentare i vincoli sovranazionali, dall'altro deve fare i conti con i limiti posti dall'ordinamento interno.
Una partita complessa, la cui posta in gioco è l'equilibrio stesso tra esigenze di controllo e tutela dei diritti individuali, e i cui sviluppi dipenderanno anche dalla tenuta delle garanzie previste dai singoli Stati. ilmanifesto +3




