Tassa da due euro sui pacchi online, la manovra mira alla "fast fashion" asiatica
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Redazione Economia
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Un emendamento alla legge di Bilancio, presentato da cinque senatori di Fratelli d'Italia, potrebbe portare all'introduzione, a partire dal primo gennaio 2026, di un contributo fisso di due euro applicabile a gran parte delle spedizioni internazionali di piccolo valore.
L'obiettivo dichiarato della misura, che andrebbe a gravare su ogni pacco in entrata e in uscita dal territorio nazionale con un valore dichiarato non superiore a centocinquanta euro, è quello di riequilibrare un mercato, quello dell'e-commerce globale, percepito come sempre più squilibrato a svantaggio del tessuto commerciale e produttivo italiano.
La norma, che si inserisce in un più ampio dibattito europeo sulla regolamentazione del settore, nasce infatti con l'intenzione specifica di contrastare il flusso costante di merci a basso costo, in particolare capi d'abbigliamento e accessori, che arrivano ogni giorno soprattutto dall'Estremo Oriente attraverso piattaforme digitali. smartworld +3
Il meccanismo della proposta e i soggetti coinvolti
Il contributo, definito nelle more di un intervento comunitario organico, agirebbe come una sorta di prelievo forfettario sulle cosiddette "microspedizioni", colmando un vuoto normativo che di fatto agevola gli operatori stranieri.
Il gettito, sebbene non quantificato pubblicamente nei dettagli, sarebbe destinato a sostenere il settore della moda nazionale, il quale, stando alle argomentazioni a sostegno dell'emendamento, si troverebbe in una fase di crisi a causa della concorrenza sleale praticata attraverso l'importazione massiccia di articoli a prezzi estremamente contenuti.
La logica sottostante è quella di applicare una correzione di tipo fiscale a un canale commerciale, quello dei pacchi a basso valore, che attualmente beneficia di regimi doganali agevolati, creando una distorsione competitiva a danno delle imprese che operano sul territorio e che sopportano un carico tributario ben più consistente. virgilio +3
Le reazioni del mondo associativo e il quadro fiscale
Alcune associazioni di categoria hanno da tempo sollevato la questione della disparità di trattamento, sottolineando come l'e-commerce internazionale richieda "regole moderne" per garantire condizioni di parità.
Viene fatto notare, per esempio, come il sistema delle piccole e medie attività commerciali italiane versi ogni anno miliardi di euro in tributi, una cifra di gran lunga superiore a quella raccolta attraverso strumenti come la Web Tax.
Questo squilibrio, amplificato da un quadro normativo che non è riuscito a tenere il passo con l'evoluzione tecnologica degli scambi, porrebbe le basi per un vantaggio competitivo indebito a favore delle grandi piattaforme di vendita online, le quali operano spesso al di fuori dei confini nazionali.
La tassa sui pacchi si configura quindi, nella visione dei proponenti, come uno strumento di perequazione, seppur modesto nel singolo importo, ma potenzialmente significativo su scala nazionale data l'enorme mole di traffico postale legato agli acquisti digitali. repubblica +3
Un provvedimento nel solco della tutela produttiva
La discussione parlamentare sulla manovra ha dunque portato alla luce una proposta che va oltre la mera esigenza di entrata per l'erario, puntando a un obiettivo di politica industriale.
Il contributo di due euro, indipendentemente dal valore specifico della merce nel limite stabilito, rappresenta un tentativo di aumentare il costo finale per il consumatore di quegli articoli che, grazie a modelli di business fondati su economie di scala e su standard produttivi spesso criticati, arrivano sul mercato con prezzi irrisori.
L'intervento legislativo, che al momento è ancora in fase di esame e di possibile modifica, cerca di rispondere alle pressioni di una parte del sistema economico italiano, il quale chiede strumenti concreti per difendere la propria capacità competitiva in un mercato sempre più globale e digitalizzato, dove le regole del gioco faticano a essere omogenee. quifinanza +3




