Svolta nelle politiche vaccinali americane, stop all'antiepatite B universale per i neonati
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Redazione Salute
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Una decisione destinata a segnare una discontinuità netta, e non solo simbolica, nelle politiche sanitarie pubbliche degli Stati Uniti, è stata presa dal Comitato consultivo sulle pratiche di immunizzazione dei Centers for Disease Control and Prevention, che ha revocato la raccomandazione – vigente da più di trent’anni – sulla somministrazione obbligatoria del vaccino contro l’epatite B a tutti i neonati entro le prime ventiquattr’ore di vita.
Il nuovo orientamento, che il presidente Donald Trump ha implicitamente sostenuto invitando a una revisione generale dei calendari vaccinali pediatrici perché ritenuti troppo densi, stabilisce ora che la vaccinazione dovrà essere somministrata in quella finestra temporale strettissima soltanto ai bambini nati da madri risultate positive al virus, mentre per tutti gli altri la somministrazione è raccomandata entro i due mesi di vita, generalmente come parte del vaccino esavalente.
Una svolta che, come è facile intuire, solleva interrogativi di non poco conto e accende un dibattito dagli esiti ancora tutti da scrivere. meteoweb +3
Le motivazioni del comitato e il confronto con il modello svizzero
Le ragioni addotte dal panel, nel quale figurano in maggioranza membri nominati dopo la designazione del ministro della Salute Robert F.
Kennedy Jr., si fondano sulla preoccupazione per quelli che sono stati definiti “possibili effetti critici sullo sviluppo del cervello”, un’asserzione che ha immediatamente attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale.
Se si osserva la prassi adottata da altre nazioni, come la Svizzera, le differenze appaiono meno marcate di quanto si potrebbe supporre: la dottoressa Lisa Kottanattu ha infatti chiarito che nel paese elvetico “andiamo a vaccinare in modo mirato nelle prime 24 ore di vita i bambini che nascono da mamme che sono positive all’epatite B”, una precisione resa possibile dallo screening sistematico a cui sono sottoposte tutte le donne durante la gravidanza.
Ciò che cambia, sostanzialmente, è l’approccio universalistico che per decenni ha caratterizzato la politica americana, ora abbandonato in favore di una profilassi selettiva e differita per la maggior parte dei neonati. lapresse +3
Le reazioni della comunità scientifica e le polemiche
La mossa non è passata inosservata, suscitando reazioni veementi in ambito medico.
Il virologo Fabrizio Pregliasco, interpellato in merito, ha espresso una profonda indignazione, definendo “rivoltanti” le scelte operate dagli Stati Uniti e paventando il concreto pericolo di un ritorno di malattie prevenibili, un commento che riflette lo smarrimento di una parte degli esperti di fronte a un cambiamento di rotta così radicale.
L’amarezza traspare dalle sue parole, secondo le quali quanto sta accadendo oltrecortina atlantica è “veramente inquietante”, un giudizio che racchiude la paura di un arretramento nelle conquiste della medicina preventiva.
La decisione, dunque, non si limita a modificare un protocollo, ma tocca nervi scoperti in un dibattito globale sulla libertà di scelta, sulla sicurezza dei vaccini e sul ruolo delle istituzioni. rsi +3
Gli sviluppi futuri e il quadro d'insieme
La revoca della raccomandazione universale si inserisce in un contesto più ampio, segnato dalle prese di posizione dell’amministrazione Trump e dalla linea perseguita dal ministro Kennedy Jr., il cui comitato consultivo aveva già dato parere positivo sulla revoca prima della formale ratifica del panel del Cdc.
Questo passaggio, che potrebbe apparire a molti come un tecnicismo, rappresenta in realtà l’esito di una precisa visione politica della salute pubblica, che privilegia un approccio cautelativo verso le somministrazioni pediatriche multiple.
La strada tracciata, ora, dovrà essere monitorata con attenzione per valutarne le ricadute pratiche sulla copertura vaccinale e, in ultima analisi, sull’incidenza della malattia, in un paese dove le decisioni in materia di sanità hanno sempre un’eco mondiale. agenziagiornalisticaopinione +3




