Bruno Barbieri, dalla notte in autostop ai fornelli: «Oggi studio e cammino, ma della cucina italiana non vedo i nuovi alfieri»
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Redazione Cultura e Spettacolo
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All’alba della quindicesima edizione di MasterChef, Bruno Barbieri, unico giudice fisso sin dall’esordio dello show, dipinge a tinte forti il proprio percorso e quello della gastronomia nazionale, tracciando un solco profondo tra un passato di avventura e un presente che richiede, al contrario, disciplina ferrea.
In un’intervista rilasciata a Repubblica, lo chef rievoca, con la schiettezza che lo contraddistingue, gli anni ruggenti della gioventù: notti trascorse chissà dove, autostop per raggiungere una fiera a Bordeaux, e gli esordi professionali sulle navi da crociera all’età di diciannove anni.
È da quelle esperienze, segnate da una totale dedizione e da un amore quasi maniacale per ogni fase del lavoro in cucina, che Barbieri dice di aver costruito la propria filosofia, fondando tutto su se stesso e sull’abnegazione.
Una formazione spartana, lontana anni luce dalle accademie, che oggi ha lasciato il posto a una routine di studio meticoloso e a una camminata di dieci chilometri quotidiani, quasi a simboleggiare un percorso di costante avanzamento, passo dopo passo. repubblica +3
Tra aneddoti e disciplina: il ritratto di uno chef
Il racconto, punteggiato da riferimenti a incontri con personalità come Andy Warhol e Ayrton Senna, delinea un ritratto a tutto tondo di un uomo che ha fatto della curiosità e del sacrificio il proprio credo, senza mai perdere un’ironia di fondo che gli permette di guardare anche ai momenti più improbabili con un certo distacco.
Quel giovane spericolato, che dormiva in posti improbabili e viaggiava grazie alla generosità degli automobilisti, ha canalizzato la stessa energia in una professione divenuta sinonimo di rigore e precisione, mantenendo intatta la passione per la scoperta.
Un’evoluzione che lo porta oggi a considerare colleghi come Antonino Cannavacciuolo, altro giudice di MasterChef, non come un semplice compagno di avventura televisiva, bensì come un fratello, in un legame che va oltre la professione e si radica in una visione condivisa del mestiere. bluewin +3
La critica al presente: «Siamo seduti sull’oro»
Proprio questa visione, forgiatasi in anni di pratica e osservazione, è alla base delle sue parole più dure e ponderate, pronunciate in una tavola rotalla tenutasi poco prima del riconoscimento della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità Unesco.
Barbieri, pur esprimendo gioia per un traguardo così prestigioso, non nasconde una profonda preoccupazione per lo stato attuale del settore, lanciando un monito che suona come un campanello d’allarme.
«Siamo seduti sull’oro e facciamo zero», afferma senza mezzi termini, evidenziando uno scollamento pericoloso tra l’immenso potenziale della tradizione culinaria del paese e la capacità di innovare e proiettarsi nel domani.
La sua analisi si fa ancora più precisa quando affronta il tema del ricambio generazionale, un nodo cruciale per qualsiasi arte o mestiere. huffingtonpost +3
Il vuoto dopo la generazione Bottura
Secondo Barbieri, dopo la generazione di chef simbolizzata da figure come Massimo Bottura, capace di portare la cucina italiana ai vertici della scena globale con un linguaggio innovativo, si è creato un vuoto preoccupante.
«Non vedo i cinque, sei nomi che scriveranno la cucina italiana del futuro», dichiara, mettendo a nudo una carenza di personalità in grado di raccogliere il testimone e di tracciare nuove strade.
Una riflessione che va oltre la semplice critica e si configura come una diagnosi severa ma costruttiva, proveniente da chi, quella cucina, l’ha vissuta e promossa in ogni sua fase.
Il suo sguardo, insomma, è rivolto a un orizzonte in cui la celebre eredità gastronomica italiana rischia di restare un museo di se stessa, se non verrà alimentata da nuovi talenti capaci di coniugare il rispetto per la materia prima e la tecnica con un’inedita prospettiva creativa. ilmattino +3




