Raoul Bova, il dolore e la lezione: "Ho pagato con l’uccisione pubblica"

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Redazione Cultura e Spettacolo Redazione Cultura e Spettacolo   -   In un intervento tanto lucido quanto carico di sofferenza, Raoul Bova ha scelto il palco di Atreju, la manifestazione organizzata da Fratelli d’Italia, per ripercorrere, senza alcuna mediazione, i giorni bui che lo hanno travolto a seguito della diffusione pubblica di un audio privato.

L'attore, partecipando a un panel dedicato all'odio sui social network e alla web reputation, ha descritto con precisione chirurgica la dinamica di un ricatto, subìto da “una persona singola” che, avendo ottenuto registrazioni e conversazioni personali, ha deciso di utilizzarle a scopo di lucro.

Una vicenda, questa, che lo ha visto – come ha spiegato lui stesso – trattato “come un appestato” e abbandonato da molti nel momento del bisogno, proprio perché non ha voluto cedere alle richieste estorsive. corriere +3

Il meccanismo del ricatto e l'isolamento open +3

Bova, il quale ha ammesso senza reticenze di pentirsi dei propri errori, ha delineato con parole nette le conseguenze della sua scelta di resistenza.

Il rifiuto di piegarsi al ricatto, infatti, si è trasformato in una forma di punizione sociale di inaudita violenza, un'esperienza che ha definito, senza mezzi termini, una vera e propria “uccisione pubblica”.

Quello che emerge dal suo racconto è il ritratto di un uomo lasciato solo a fronteggiare un turbine mediatico che, amplificato dalla cassa di risonanza dei social, ha distorto completamente le proporzioni del dibattito pubblico, finendo per occupare uno spazio sproporzionato rispetto ad altre emergenze, come i conflitti in corso o i femminicidi, di cui pure si sarebbe dovuto parlare. corriere +3

La distorsione del dibattito pubblico corriere +3

Il riferimento dell'attore alla sproporzione tra il clamore suscitato dalla sua vicenda privata e l'attenzione dedicata ad altri temi cruciali è un passaggio significativo del suo discorso, poiché trascende la dimensione personale per toccare un nervo scoperto della comunicazione contemporanea.

In quell'estate, come ha sottolineato Bova, si parlava più dei cosiddetti “occhi spaccanti” – un'espressione divenuta virale e caricaturale – che non di questioni di portata ben più vasta e grave.

Questo slittamento dell'attenzione collettiva, favorito da meccanismi di semplificazione e da una certa morbosità, rappresenta un aspetto collaterale ma non meno lesivo dell'intera faccenda, il quale ha contribuito ad aggravare il peso della condanna sociale. corriere +3

Il racconto come atto di chiarificazione ilmessaggero +3