La figlia di Vessicchio ricorda il primo incontro: "A sette anni, una palla di calcetto e i suoi occhi"

La figlia di Vessicchio ricorda il primo incontro: A sette anni, una palla di calcetto e i suoi occhi
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Redazione Cultura e Spettacolo Redazione Cultura e Spettacolo   -   Alessia Vessicchio, ospite nel salotto di Caterina Balivo a "La volta buona" su Rai1, ha dipinto con parole nitide l’attimo in cui il suo destino si è intrecciato con quello di Peppe Vessicchio.

Il racconto, che affiora a poco più di un mese dalla scomparsa del celebre maestro, non parte da un palcoscenico o da una sala di registrazione, ma dal bordo di un campetto di calcetto.

Lei, bambina di sette anni, con un gesto da "simpatica canaglia" ferma il pallone; lui, un ragazzo di vent’anni con lo sguardo capace di dire "tutto, in un momento", le si avvicina. Quell’incontro casuale, mediato da un semplice oggetto sportivo, sarebbe stato il preludio a una scelta destinata a plasmare un’esistenza.

La scelta di essere padre

Quel giovane dai tratti scuri e dallo sguardo penetrante, che sua madre ventottenne le presentò in quell’occasione, non si limitò a entrare nella sua vita per uscirne poco dopo. Al contrario, come Alessia ha tenuto a precisare sia in televisione che in seguito sul palco di Atreju, arrivò con la chitarra e "non se ne è più andato".

La definizione che ne dà è precisa e ponderata: "A sette anni ha scelto di essere mio padre". Una dichiarazione che va ben oltre il legame biologico, sottolineando il carattere volontario, affettivo e quotidiano di una paternità costruita nel tempo, giorno dopo giorno, attraverso la condivisione della musica e della vita.

Un riconoscimento pubblico nel dolore

La quinta giornata della manifestazione romana organizzata da Fratelli d’Italia ha riservato un momento di forte commozione dedicato alla memoria del maestro, scomparso a sessantanove anni.

Il "Premio Atreju alla carriera" è stato consegnato dal sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi nelle mani di una Alessia visibilmente provata dal dolore, ma ferma nel voler trasmettere l’essenza di quell’uomo.

Il suo discorso di ringraziamento, accolto da una standing ovation della platea, ha toccato corde profonde, spostando il lutto dalla sfera strettamente privata a una dimensione più ampia e condivisa.

Un lutto personale e collettivo

"È solo un mese che mio padre ci ha lasciato senza preavviso", ha affermato, evidenziando lo shock per una perdita giudicata improvvisa nonostante l’età, per un uomo che "stava bene" e coltivava ancora molti progetti. La riflessione che ne è seguita, però, ha travalicato il confine del cordoglio familiare.

"Il dolore non è solo nostro, il dolore alla fine è di tutti", ha proseguito, sintetizzando poi il concetto nella definizione forse più calzante: "È stato l’uomo di tutti".

Un’espressione che sembra catturare la capacità di Vessicchio di connettersi con le persone, sia attraverso la sua arte che con la sua umanità, lasciando un vuoto percepito da molti.