San Francisco attacca i colossi del food: una guerra ideologica sui cibi ultra-processati

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SALUTE

Redazione Salute Redazione Salute   -   Un giudice americano ha dato il via libera a una causa intentata dalla città di San Francisco contro alcuni dei più grandi produttori alimentari al mondo, accusati di aver contribuito consapevolmente all'insorgenza di obesità e patologie cardiovascolari attraverso la commercializzazione di alimenti cosiddetti ultra-processati.

La mossa legale, che vede tra i destinatari aziende del calibro di Coca-Cola, Nestlé e Kraft, si annuncia come una battaglia epocale, paragonata da molti a quelle che, decenni fa, colpirono l'industria del tabacco.

Il procuratore cittadino David Chiu, infatti, sostiene con veemenza che queste Corporation abbiano "creato una crisi di salute pubblica" progettando e vendendo prodotti eccessivamente ricchi di zuccheri, sale e grassi saturi, alimenti che definisce "irriconoscibili e dannosi per il corpo umano".

Questa iniziativa, che si inserisce in un clima già surriscaldato dal dibattito pubblico sulla qualità nutrizionale, solleva questioni fondamentali sulla definizione stessa di ciò che consideriamo "non salutare". sky +3

La nebulosa definizione scientifica di "ultra-processato"

Al centro della controversia, che vede ora la città californiana chiedere risarcimenti per i costi sanitari sostenuti, sta una categoria alimentare il cui perimetro rimane ostinatamente fumoso.

La nozione di cibo ultra-processato, infatti, non gode di una definizione scientifica univoca e condivisa, fondandosi principalmente sul numero degli ingredienti e sul grado di trasformazione industriale, parametri che di per sé non costituiscono una misura certa della dannosità.

Si tratta, come evidenziato da alcune analisi, di una "scorciatoia perfetta" in una crociata ideologica che rischia di offuscare la complessità del problema.

L'azione legale, pur nella sua carica simbolica, sembra dunque poggiare su un terreno instabile, dove l'accusa di produrre deliberatamente alimenti malattia si scontra con l'assenza di un criterio oggettivo per identificarli in modo incontrovertibile. dissapore +3

Un precedente che supera le divisioni politiche

La portata della vicenda è tale da travalicare le consuete barriere ideologiche, trovando spazio anche in un'America guidata da Donald Trump, presidente noto per non aver mai fatto mistero della sua predilezione per il cibo dei fast food.

Il fatto che un'amministrazione cittadina persegua con tale determinazione una causa del genere indica quanto il tema abbia ormai permeato il dibattito nazionale, trasformandosi da questione nutrizionale a vero e proprio tema di giustizia sociale e di responsabilità d'impresa.

La tesi della pubblica accusa è lineare: le aziende, consapevoli degli effetti, avrebbero progettato alimenti per massimizzare il consumo, generando poi costi sanitari a carico della collettività, un meccanismo che richiama da vicino le logiche già viste in altri settori. ilsalvagente +3

Le implicazioni per l'industria e l'informazione pubblica

Al di là dell'esito del procedimento giudiziario, la cui durata e complessità sono facilmente immaginabili, l'azione di San Francisco segna un punto di non ritorno nel rapporto tra grandi marchi alimentari e opinione pubblica.

La narrativa che dipinge gli ultra-processati come il male assoluto, sebbene scientificamente approssimativa, acquisisce una legittimità processuale che ne rafforza la presa nell'immaginario comune.

Ciò costringe l'intero settore a un riesame delle proprie strategie di formulazione e marketing, in un'epoca in cui la trasparenza diventa un asset cruciale.

D'altronde, il rischio concreto è che una semplificazione eccessiva del discorso distolga l'attenzione dai veri pilastri di una dieta sana – la varietà, la moderazione e l'educazione alimentare – per concentrarla esclusivamente su una classificazione industriale, lasciando nell'ombra quel bilanciamento che è invece essenziale per una corretta informazione. ilmanifesto +3