Netflix-Warner Bros, l'operazione da 82 miliardi che divide l'America e l'industria

Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo

Redazione Cultura e Spettacolo Redazione Cultura e Spettacolo   -   L’annunciata acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix, un’operazione il cui valore complessivo supera gli 82 miliardi di dollari, sta ridisegnando gli equilibri nel panorama globale dei media, suscitando reazioni che vanno dalla cautela analitica allo scontro politico più acceso.

Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato di Mediaset, pur riconoscendo la rilevanza mondiale dell’accordo, ha espresso un parere volutamente misurato durante il tradizionale incontro di Natale con la stampa.

"Sarebbe qualcosa di molto importante a livello mondiale", ha affermato, "anche se già oggi Warner e la stessa Paramount hanno dimensioni notevoli". Secondo la sua lettura, i nuovi soggetti entrerebbero in un mercato già dominato da giganti consolidati, il che porterebbe a mitigare l’impatto dell’operazione stessa.

Ha inoltre sottolineato come l’ambizione di Netflix non si limiti al settore cinematografico e televisivo, avendo il colosso dello streaming tentato, senza successo, di acquisire anche un noto publisher di videogiochi, a dimostrazione di una strategia espansiva che punta a controllare ogni anello della catena dell’intrattenimento. arte +3

La battaglia politica oltre il mercato

Se da una parte gli addetti ai lavori valutano le implicazioni commerciali, dall’altra l’accordo è finito nel vortice della politica americana, dove gli influencer più vicini al presidente Trump hanno scatenato una campagna di forte opposizione.

Laura Loomer, attivista di spicco nel movimento Maga, è stata tra le prime a lanciare l’allarme, sostenendo che l’operazione metterebbe a rischio la libertà dei media.

L’argomento centrale dell’attacco, che ha trovato ampia risonanza sui social network, ruota attorno ai presunti legami tra Netflix e gli Obama, vedendo in questa fusione un pericoloso concentramento di potere mediatico in mani vicine all’ex amministrazione democratica.

Una polemica, questa, che si aggiunge ad altre questioni già note, come gli interessi della famiglia Ellison o le pressioni dell’attuale esecutivo statunitense verso emittenti considerate critiche, complicando non poco il percorso verso la chiusura definitiva dell’affare. rivistastudio +3

Le voci dall’industria dello spettacolo

Parallelamente al dibattito politico, la notizia ha generato un vivace confronto all’interno dell’industria creativa hollywoodiana, dove numerosi professionisti hanno espresso pubblicamente le loro perplessità.

Registi del calibro di Guillermo Del Toro e Sean Baker, insieme ad attrici come Jane Fonda, hanno preso posizione, contribuendo a un dialogo che va al di là dei semplici numeri e tocca temi cruciali come la diversità delle voci e la concentrazione della proprietà dei contenuti.

Le loro dichiarazioni, seppur non uniformi, riflettono un clima di attesa e di riflessione su cosa significhi, per il futuro della narrazione audiovisiva, avere un numero sempre minore di soggetti a controllare un catalogo sempre più vasto.

Sono voci, queste, che arrivano da un ambiente già scosso da continui riassetti proprietari e che guarda con una certa apprensione all’avvento di un nuovo, mastodontico, protagonista. sentieriselvaggi +3

Un futuro da scrivere

Mentre gli analisti finanziari scrutano i bilanci e i giuristi esaminano le possibili implicazioni antitrust, il settore si trova dunque in una fase di stallo, in attesa del verdetto delle autorità di regolamentazione.

L’osservazione di Berlusconi, secondo cui le regole dovrebbero essere uguali per tutti, suona come un monito indiretto a vigilare affinché dinamiche di mercato e influenze esterne non alterino condizioni di parità già di per sé complesse.

L’esito di questo iter, del resto, non deciderà solo le sorti di due ration, ma potrebbe influenzare il modello di business dell’intero ecosistema mediatico per i prossimi decenni, definendo nuovi standard di produzione, distribuzione e, non ultimo, di influenza culturale. lascimmiapensa +3