La pazienza di Trump si esaurisce, Zelensky gioca a mosca cieca sulla pace
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Redazione Esteri
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La complessa partita per porre fine al conflitto in Ucraina entra in una fase nuova, segnata da un'esplicita insofferenza da parte dell'amministrazione statunitense.
Il presidente Donald Trump, secondo quanto dichiarato dalla portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, ha ormai maturato una "estrema frustrazione" verso entrambe le parti in guerra, Kiev e Mosca, dopo che i suoi diplomatici hanno impegnato oltre trenta ore, soltanto nelle ultime due settimane, in una fitta serie di incontri con russi, ucraini e europei.
"Non vuole più parole, vuole azioni", ha sottolineato la Leavitt, aggiungendo un secco "vedremo" alla domanda su nuovi vertici in programma, un'espressione che riflette la volontà di passare dalle trattative ai fatti concreti.
L'obiettivo dichiarato, d'altronde, non ammette ambiguità: porre fine alle ostilità, superando la fase degli incontri che appaiono, alla Casa Bianca, fini a se stessi. mediaset +3
I nodi che bloccano il tavolo
I punti di attrito sui quali le trattative rischiano di arenarsi, stando alle parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sono sostanzialmente due e di natura profondamente diversa.
Da una parte, c'è la delicata questione della gestione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa, che resta saldamente sotto controllo russo nonostante le ripetute sollecitazioni internazionali per la sua messa in sicurezza.
Dall'altra, emerge con forza il tema del Donbass, in particolare di quella porzione della regione di Donetsk che le forze ucraine sono riuscite a difendere dall'avanzata nemica.
Su quest'ultimo fronte, Washington avrebbe avanzato una proposta precisa a Kiev: rinunciare anche a quei territori, trasformandoli in una zona demilitarizzata e a economia libera, una soluzione che di fatto sancirebbe la cessione dell'area.
Una richiesta di una portata enorme, che Zelensky ha definito non decidibile se non attraverso la volontà popolare. mediaset +3
Il referendum come possibile via d'uscita
"Credo che il popolo ucraino risponderà a questa domanda", ha affermato il capo dello Stato, parlando alla stampa al rientro nella capitale. La sua dichiarazione, che ha colto molti di sorpresa, delinea uno scenario politico-istituzionale inedito per risolvere l'impasse.
Secondo Zelensky, infatti, una decisione così gravosa e impopolare come cedere una parte del Donetsk ancora sotto bandiera giallo-blu non può essere presa unilateralmente dal governo, ma deve passare per un chiaro mandato dei cittadini, che potrebbe essere espresso sia attraverso le urne elettorali sia mediante uno specifico referendum.
Una mossa che, se da un lato sposta la responsabilità ultima dalla leadership alla nazione, dall'altro introduce un elemento di grande complessità procedurale e temporale in un negoziato che Washington vorrebbe invece sbrigativo. ilgiornaleditalia +3
La controproposta di Kiev e il rifiuto di Mosca
Parallelamente a questo braccio di ferro con gli alleati, Kiev ha formalmente inviato a Trump il proprio piano di pace, un documento elaborato anche con il contributo di Bruxelles. Le reazioni, tuttavia, non sono state incoraggianti.
La proposta, stando a quanto si apprende, è stata rigettata senza troppi convenevoli da Mosca, la quale continua a mostrare preferenza per la roadmap delineata dall'amministrazione americana. E persino da Washington, nonostante gli sforzi diplomatici, il piano ucraino non sembra aver suscitato particolare entusiasmo, anzi.
La sensazione che circola negli ambienti politici è che si tratti di un tentativo di prendere tempo, un'impressione che ha spinto Trump a un commento diretto, volto a tagliare corto: "Basta farci perdere tempo".
Un monito che suona come un ultimatum, a significare che la pazienza si è esaurita e che la fase delle semplici controproposte, se non sostenute da un reale desiderio di chiusura, è considerata conclusa. insideover +3




