Briatore sull’Europa: “Trump ha ragione, siamo un’accozzaglia di Stati che non conta nulla”
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Redazione Esteri
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Mentre Donald Trump, tornato alla guida degli Stati Uniti, rimodella con pragmatismo le alleanze globali, le sue dichiarazioni sull’irrilevanza del Vecchio Continente trovano un sostenitore inaspettato in Flavio Briatore.
L’imprenditore, intervenendo in una nota trasmissione televisiva, ha infatti avallato senza riserve la posizione del presidente americano, il quale, da tempo, descrive un’Europa in declino e retta da leader deboli.
“Ha ragione nel dire che l’Europa non conta niente”, ha esordito Briatore, argomentando che la competizione mondiale è ormai saldamente nelle mani di America e Asia, con la Cina in ruolo di primissimo piano.
Una visione che, sebbene drastica, sembra riflettere una percezione diffusa sulle dinamiche di potere internazionali, spesso caratterizzate da bipolarismi che marginalizzano l’influenza collettiva europea. tiscali +1
Un continente senza unità e senza peso
La critica di Briatore, del resto, non si limita a registrare un dato di fatto ma ne scandaglia le cause profonde, individuandole nella frammentazione politica e strategica dell’Unione.
“Non abbiamo niente in comune, non abbiamo un esercito, abbiamo politiche completamente diverse”, ha affermato, definendo l’Europa nient’altro che “un’accozzaglia di Stati”.
La difficoltà di concertare una posizione univoca, secondo la sua analisi, risiederebbe proprio nell’eterogeneità degli obiettivi nazionali e delle culture politiche, un ostacolo quasi insormontabile quando si tratta di proiettare una forza coerente sulla scena mondiale.
Una condizione che, di fronte a crisi epocali come quella ucraina, rischia di rivelarsi un pericoloso moltiplicatore di vulnerabilità. ilsole24ore +1
La linea dura di Trump sul conflitto e il monito sulla guerra
Proprio il teatro ucraino rappresenta il banco di prova più immediato per questa nuova fase delle relazioni transatlantiche, dove la retorica di Trump si traduce in un approccio direttivo e condizionato.
Il presidente ha infatti dichiarato di aver recentemente intimato di fermare quelli che ha definito “giochetti” riguardanti l’accordo per l’Ucraina, lanciando un monito severo sulle potenziali conseguenze di un’escalation.
“Cose come questa finiscono in una terza guerra mondiale”, ha avvertito, sottolineando come il conflitto, sebbene lontano dai confini americani, possa degenerare fino a coinvolgere le maggiori potenze nucleari.
Una presa di posizione che, al di là delle polemiche, impone una riflessione sulla gestione della crisi e sugli effettivi margini di manovra di Bruxelles senza un solido appoggio di Washington. tiscali +1
La partecipazione condizionata e il pragmatismo della Casa Bianca
Il metodo dell’amministrazione Trump si delinea con chiarezza anche nelle modalità di partecipazione ai negoziati.
Il presidente ha reso noto che gli Stati Uniti parteciperanno a un prossimo vertice in Europa solo qualora esistano concrete possibilità di giungere a un accordo, dichiarando esplicitamente di non voler “perdere tempo” in incontri sterili.
Questo approccio selettivo e orientato al risultato sottintende una visione precisa: Washington è disposta a contribuire attivamente alla sicurezza, ritenuta un pilastro fondamentale per il successo di qualsiasi intesa di pace tra Russia e Ucraina, ma solo a patto che le trattative dimostrino una reale prospettiva di chiusura.
Una linea che, se da un lato semplifica la diplomazia eliminando gli aspetti cerimoniali, dall’altro carica di una pressione supplementare i colloqui, chiamati a produrre evidenze tangibili in tempi brevi. ilsole24ore +1




