Arte e Cultura
INTERVISTA. Damiano Piras e la visione celeste dietro «L’alba di una nuova Sfinge»
Damiano, è un piacere averti qui. Nel libro parli di una simmetria celeste perfetta. Puoi spiegare, in termini tecnici, che cosa hai osservato durante le rilevazioni equinoziali?
Le rilevazioni equinoziali sono avvenute in due modalità, sia sul posto durante l’equinozio autunnale del 2024, che tramite alcuni software che consentono di mappare esattamente il percorso del sole.
Ciò che ho osservato è un fenomeno che si manifesta dall’ipotizzata Sfinge all’alba degli equinozi e che replica quello già conosciuto e studiato da alcuni dei più rinomati egittologi, visibile dalla Sfinge durante il tramonto degli equinozi.
Oltre a essere speculare al fenomeno del tramonto, quello osservato all’alba offre ulteriori indizi rilevanti: dalla Sfinge ipotizzata, il sole regala un nuovo e spettacolare evento in concerto con la Grande Piramide di Giza, in un crescendo di luce che celebra armonia, ordine e perfezione.
Questi eventi, che completano la visione durante gli equinozi aggiungendo l’orizzonte dell’alba, costituiscono indizi significativi, in quanto possibili solo dalla posizione ipotizzata della Sfinge gemella.
In che modo i dati astronomici supportano l’ipotesi di un progetto architettonico doppio, concepito in relazione ai moti solari?
I dati astronomici evidenziati nel libro ampliano le osservazioni al tramonto e all’alba degli equinozi, rivelando altri momenti chiave del ciclo cosmico: grazie alla nuova Sfinge ipotizzata, emergono fenomeni che arricchiscono e completano la visione già conosciuta anche durante i solstizi.
Infatti è già noto e ampiamente studiato un evento visibile dalla Sfinge durante il tramonto del solstizio estivo: anche in questo caso, dall’ipotizzata Sfinge gemella, ho individuato un fenomeno speculare, proprio durante l’alba dell’opposto solstizio, che completerebbe così il disegno, chiudendo anche in questo caso il ciclo solare.
Ne emerge chiaramente che la mia teoria non intende mettere in discussione le conoscenze consolidate sul legame tra la Sfinge e le Piramidi di Giza, ma ampliarle e integrarle.
La prospettiva offerta con la nuova Sfinge ipotizzata suggerisce infatti che il complesso di Giza non sia stato concepito per rappresentare un singolo momento del viaggio solare, ma l’intero ciclo. Finora molta attenzione si è concentrata sul tramonto, sul lato occidentale della simbologia egizia: il regno dei morti, la discesa del sole, la fine del giorno. Ma osservando i nuovi allineamenti individuati grazie alla nuova Sfinge, emerge l’altra metà del racconto: l’alba.
Un progetto che non rappresenta soltanto un atto cosmico, ma la sua relazione con il momento complementare, la dualità che dà senso all’intero percorso.
Questa dualità non è un semplice dettaglio simbolico: è la chiave per comprendere la visione ciclica del tempo che permeava l’antico Egitto. Non a caso ritroviamo questi concetti nelle primissime divinità egizie, Shu e Tefnut. L’alba completa l’opera del tramonto; il ritorno della luce dà significato alla sua scomparsa e permette di chiudere il ciclo solare.
Letta in questa prospettiva, l’architettura non appare più come un insieme di monumenti isolati, ma come un dispositivo che materializza l’eterno ritorno del Sole, la sua morte apparente e la sua quotidiana rinascita.
Le due Sfingi unite rivelano così il messaggio cosmologico originario nella sua interezza.
I dati astronomici non fanno che confermarlo: laddove prima si percepiva solo metà del ciclo, ora questo può completarsi e fluire in continuità.
Hai combinato osservazioni sul campo e modellazione computerizzata. Quanto è stato complesso armonizzare scienza e intuizione?
È stato anzitutto determinante comprendere la possibilità di calcolare tramite precisi software il percorso del sole, aspetto di cui sono stato consapevole solo dopo essere stato a Giza durante l’equinozio autunnale e che ha consentito di rendere misurabili e verificabili scientificamente le mie intuizioni.
In quel momento è stato naturale seguire le deduzioni più logiche per completare il quadro di Giza, mappando sia i fenomeni conosciuti, che quelli visti sul campo e ipotizzati, avendo così un disegno archeoastronomico completo negli equinozi e nei solstizi.
I lavori di tanti studiosi e le osservazioni sul campo mi hanno offerto concretezza e ispirazione, mentre i software mi hanno permesso di verificare alcune intuizioni, di metterle alla prova e comprendere fenomeni altrimenti difficili da cogliere.
In alcuni casi non è stata l’intuizione a guidare la scienza, ma lo studio e l’analisi dei dati, il confronto con il lavoro di altri studiosi, la verifica geometrica e astronomica a generare nuove intuizioni.
Pertanto armonizzare scienza e intuizione non è stato semplice, ma si è rivelato essenziale, grazie alla loro reciproca capacità di arricchirsi e rafforzarsi.
Pensi che nuove tecnologie, come il telerilevamento satellitare o la tomografia del suolo, possano in futuro confermare le tue conclusioni?
Assolutamente sì. Le nuove tecnologie rappresentano uno dei percorsi più promettenti per verificare le conclusioni presentate nel libro. Strumenti come il telerilevamento satellitare, il georadar e le diverse forme di tomografia del sottosuolo permettono oggi di individuare anomalie, cavità e strutture nascoste senza ricorrere a interventi invasivi.
Naturalmente parliamo di metodologie che richiedono permessi specifici, protocolli condivisi e un lavoro congiunto tra istituzioni locali e team di ricerca. È quindi necessario costruire un programma di indagine rigoroso, fondato sulla prudenza scientifica, sul confronto e sul dialogo.
In questo senso, il mio lavoro non intende sostituirsi alle verifiche sul campo: propone piuttosto un insieme di indizi, una traccia teorica e metodologica che potrebbe orientare i prossimi studi. Se queste tecnologie verranno applicate con metodo, potranno certamente contribuire a chiarire molti degli interrogativi ancora aperti.
E, naturalmente, la speranza più grande è che un giorno questi progressi possano aprire la strada a indagini ancora più profonde, capaci di riportare alla luce una Sfinge che potrebbe aver atteso per millenni sotto sabbia e fango, restituendole finalmente il posto che le spetta nella storia.
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