Nvidia apre CUDA ma cambia paradigma: la scommessa sui Tile per il futuro dell'AI

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Redazione Scienza e Tecnologia Redazione Scienza e Tecnologia   -   La strategia di Nvidia per mantenere la propria egemonia nel mercato dell’intelligenza artificiale compie una svolta significativa, che appare tanto più audace se contestualizzata in un panorama competitivo in rapida evoluzione.

Mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump conferma la centralità geopolitica di questa industria, la società di Jensen Huang ha annunciato l’apertura di CUDA, il suo ecosistema software proprietario, attraverso l’introduzione di un modello di programmazione radicalmente nuovo.

La mossa, che a una prima analisi superficiale potrebbe sembrare una concessione alla concorrenza, si rivela invece come un tentativo sofisticato di ridefinire gli standard di base dello sviluppo, spostando il livello di astrazione e, di fatto, “chiudendo” il sistema su una piattaforma ancor più integrata e potente. agendadigitale +2

Dai thread ai Tile: una rivoluzione architetturale

Al cuore di questa trasformazione vi è l’abbandono del tradizionale paradigma SIMT, che ha governato la programmazione parallela su GPU per anni, in favore di un’architettura basata sui “CUDA Tile”.

Questi ultimi non sono altro che gruppi di calcolo gestiti come entità autonome e orchestrate da una macchina virtuale dedicata, il Tile IR, la quale rappresenta l’intera GPU come un processore di tile.

Ne consegue una semplificazione drastica per gli sviluppatori, i quali vengono sollevati dalla necessità di ottimizzazioni di basso livello, come la gestione manuale della memoria condivisa o il dimensionamento dei blocchi di thread, operazioni che richiedevano competenze specialistiche e tempo. dday +2

L’apertura come forma di consolidamento

L’apparente contraddizione tra l’apertura del framework e l’obiettivo di “blindare” l’ecosistema si scioglie osservando le dinamiche tipiche delle piattaforme tecnologiche dominanti.

Rendendo CUDA potenzialmente utilizzabile anche su hardware concorrente, Nvidia persegue l’obiettivo di elevarne ulteriormente lo status di layer software universale per l’AI, una sorta di “Windows delle GPU” che, una volta adottato massicciamente, renderebbe marginali le differenze sottostanti nell’hardware.

In questo scenario, la società non venderebbe soltanto chip, ma licenze e adozione del suo standard, creando una dipendenza di sistema che andrebbe ben oltre la prestazione grezza dei semiconduttori. dday +2

Il contesto competitivo e la corsa ai semiconduttori custom

Questa mossa giunge in un momento di fermento eccezionale nel settore, dove l’inarrestabile domanda di potenza di calcolo per l’addestramento e l’inferenza dei modelli sta spingendo tutti i grandi attori tech a esplorare strade alternative.

Google, Amazon, Meta e Microsoft, infatti, stanno già sviluppando da tempo i propri accelerator custom, mentre OpenAI ha avviato una partnership con Broadcom per progettare chip dedicati.

La posta in gioco, oltre alla pura efficienza, è la cosiddetta “compute sovereignty”, ovvero il controllo sulla catena di approvvigionamento e sui costi operativi dell’intelligenza artificiale, fattori che stanno ridisegnando la geografia del potere nel settore dei semiconduttori. dday +2

Implicazioni e scenari possibili

Sebbene sia prematuro delineare gli esiti di questa transizione, è evidente che la scelta di Nvidia di spostare la competizione su un piano software più elevato rappresenti una risposta strategicamente coerente alla frammentazione dell’offerta hardware.

La semplificazione della programmazione, se da un lato democratizza l’accesso a prestazioni elevate, dall’altro consolida il ruolo dell’azienda come fornitore dell’infrastruttura fondamentale, il cui linguaggio e i cui tool potrebbero diventare lo strato imprescindibile tra il silicio e lo sviluppatore.

Una simile evoluzione, se avrà successo, potrebbe rendere quasi trasparente la scelta dell’hardware fisico, a tutto vantaggio di chi controlla lo standard software di riferimento. dday +2