Sgominata una rete di tombaroli tra Sicilia e Calabria, sequestrati reperti per 17 milioni

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Redazione Interno Redazione Interno   -   Con un'operazione di notevole impegno investigativo, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno inferto un duro colpo al traffico illecito di beni archeologici, smantellando un'organizzazione criminale ramificata.

L'attività, coordinata dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Catanzaro e di Catania, ha portato all'esecuzione di 56 misure cautelari tra Sicilia, Calabria e altre regioni, svelando un meccanismo delinquenziale che, con metodo e mezzi tecnologicamente avanzati, depredava sistematicamente il patrimonio storico del Mezzogiorno.

Fabio Scavone, procuratore aggiunto a Catania, ha sottolineato come il valore dei reperti sequestrati, stimato in circa diciassette milioni di euro, offra la misura concreta della portata dell'organizzazione criminale intercettata, la cui attività illecita si estendeva anche oltre i confini nazionali. gds +3

Il modus operandi dei predatori dell'antichità

Le indagini, che hanno preso il nome di Operazione Ghenos, hanno delineato il profilo di gruppi strutturati che agivano con un fiuto particolare nel identificare le aree più ricche di reperti, spesso in siti di altissimo valore storico e archeologico, per poi procedere a scavi clandestini condotti con strumenti all'avanguardia.

Il materiale trafugato, che comprendeva vasellame, statue e monete di inestimabile valore, veniva successivamente sottoposto a interventi di restauro e falsificazione, finalizzati a creare una patina di autenticità e legalità, per essere infine immesso in un mercato nero molto fiorente, sia in Italia che all'estero.

La rete, la cui articolazione è emersa dalle intercettazioni e dalle perquisizioni, coinvolgeva anche figure professionali in grado di alterare e commercializzare i beni, fino a giungere a un titolare di una casa d'aste colpito da una misura cautelare che ne sospende l'attività imprenditoriale. tiscali +3

Gli sviluppi giudiziari e l'impatto sul patrimonio

Le due inchieste distinte, sviluppatesi parallelamente tra Calabria e Sicilia, hanno visto l'emissione di provvedimenti diversificati su richiesta delle rispettive procure: a Catanzaro sono state disposte undici misure, di cui due con la custodia in carcere, mentre a Catania le misure cautelari sono state quarantacinque, con nove ordinanze di custodia cautelare in carcere e altre restrizioni della libertà personale, inclusi obblighi di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, alcuni dei quali notificati in territorio estero.

L'operazione non si è limitata a colpire gli esecutori materiali degli scavi illegali, ma ha inteso risalire tutta la filiera, intercettando quelli che sembrano essere i punti di snodo per la commercializzazione illecita, un aspetto, quest'ultimo, che dimostra la complessità di un fenomeno spesso sottovalutato. gds +3

Un tesoro recuperato alla collettività

Il sequestro di un così cospicuo numero di reperti, alcuni dei quali di rara fattura, ha restituito alla pubblica fruizione un patrimonio che rischiava di essere disperso per sempre in collezioni private clandestine.

Gli investigatori hanno evidenziato che il lotto di beni recuperati, per quantità e qualità, avrebbe potuto costituire il nucleo di un museo tra i più rilevanti nel panorama italiano, una considerazione che rende l'idea della gravità del danno archeologico e storico provocato dalle attività di scavo clandestino.

L'operazione conferma, peraltro, come il traffico di antichità rappresenti una forma di criminalità altamente redditizia, spesso intrecciata con ambienti mafiosi che ne gestiscono i profitti, e come la sua repressione richieda specializzazione e una collaborazione interforze capillare, in questo caso coronata da un successo di rilievo. livesicilia +3