Il caffè, da demone a elisir: la scienza rivaluta i benefici per cuore e longevità
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Redazione Salute
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Per anni bistrattato e spesso consigliato con parsimonia, il caffè sta conoscendo una radicale riabilitazione scientifica, che ne illumina le potenzialità oltre il semplice rito quotidiano.
Le ricerche più recenti, infatti, suggeriscono come questa bevanda, se consumata senza eccessi, possa inserirsi a pieno Titolo in un quadro di prevenzione e benessere, con effetti tangibili su parametri cruciali come la salute cardiovascolare e, in prospettiva, la durata della vita.
Un cambiamento di paradigma che, se da un lato conferma alcune intuizioni popolari, dall'altro fornisce una base solida e misurabile a quelle che un tempo potevano sembrare mere credenze. pazienti +3
Oltre il battito irregolare: nuove evidenze per il cuore
Un ambito dove il cambio di rotta è particolarmente significativo riguarda la fibrillazione atriale, un'aritmia cardiaca piuttosto comune che implica un battito irregolare e che espone a rischi non trascurabili, tra cui l'ictus.
Fino a non molto tempo fa, ai pazienti affetti da questa condizione veniva spesso raccomandata una drastica riduzione, se non l'eliminazione, del caffè dalla dieta, nel timore che la caffeina potesse esacerbare l'instabilità del ritmo cardiaco.
Studi più approfonditi e metodologicamente robusti hanno invece parzialmente sovvertito questo approccio, indicando che un consumo moderato non soltanto non aggrava il problema, ma potrebbe anzi svolgere un ruolo protettivo.
La chiave, come spesso accade in nutrizione, risiede nella dose e nella regolarità, sfatando il luogo comune che voleva questa bevanda come un nemico per chi avesse un cuore "fragile". pazienti +3
La quantità ottimale: tra due e cinque tazzine
Ma qual è, allora, la soglia che separa il beneficio dal potenziale danno?
La letteratura scientifica, analizzando dati epidemiologici su vasta scala, converge indicando un range piuttosto preciso: il numero di tazzine associato ai maggiori vantaggi in termini di riduzione della mortalità generale si attesta tra due e tre al giorno, con un tetto massimo che alcuni lavori spingono fino a cinque per chi la tollera bene.
Una meta-analisi del 2019, per esempio, quantificava in una riduzione del 13% della mortalità il consumo di circa tre tazze quotidiane.
Questo effetto positivo, che si osserva anche in gruppi particolari come persone con gravi disturbi psichiatrici – notoriamente caratterizzati da un'aspettativa di vita ridotta – viene attribuito alla complessa sinergia di sostanze presenti nel chicco tostato.
Tra queste spiccano, oltre alla caffeina, potenti antiossidanti, polifenoli, vitamine del gruppo B e magnesio, che insieme contribuiscono a modulare processi infiammatori e stress ossidativo, due pilastri del processo di invecchiamento cellulare. commentimemorabili +3
Attenzione alla qualità e al timing
Affinché il potenziale del caffè si esprima appieno, tuttavia, non basta contare le tazzine; è cruciale prestare attenzione alla qualità della materia prima e al momento del consumo.
Gli esperti consigliano di privilegiare chicchi biologici, per ridurre l'esposizione a residui di pesticidi, e di macinarli al momento per preservarne l'aroma e le proprietà. Altro asso nella manica è la moderazione nell'aggiunta di zucchero, il cui eccesso vanificherebbe molti dei benefici metabolici.
Infine, un avvertimento arriva dalla cronobiologia: per non interferire con la qualità del sonno, è bene limitare o evitare il caffè dopo l'ora di pranzo.
Una ricerca pubblicata sull'European Heart Journal ha infatti evidenziato come la caffeina assunta nelle ore serali possa perturbare il ritmo cardiaco naturale, dimostrando che il timing è un fattore decisivo tanto quanto la quantità per integrare questa bevanda in uno stile di vita veramente salutare. menshealth +3




