Blitz contro i tombaroli della 'ndrangheta, sequestrati reperti per 17 milioni di euro
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Redazione Interno
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Un patrimonio storico, sottratto alla collettività e valutato oltre i diciassette milioni di euro, è stato recuperato dai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Palermo, in un'operazione che ha svelato i sofisticati interessi della criminalità organizzata nel mercato illecito dell'archeologia.
L'indagine, battezzata "Ghenos" e coordinata dalla Procura Distrettuale di Catania con il fondamentale supporto della Direzione nazionale antimafia, ha infatti evidenziato come una cosca di 'ndrangheta, operante nell'area crotonese, avesse fatto del traffico di beni culturali una fonte di guadagno e di riciclaggio.
I reperti, la cui quantità sarebbe sufficiente ad allestire un intero museo, erano il frutto di sistematici scavi clandestini condotti in Sicilia e Calabria, regioni il cui sottolo custodisce tesori inestimabili, spesso lasciati senza adeguata vigilanza. ilfattonisseno +3
Il valore inestimabile del bottino illegale
Il bottino sequestrato, che nella sua fase iniziale ammontava a circa diecimila pezzi, include una collezione numismatica di eccezionale rarità, composta da settemila monete antiche.
Si tratta, per la precisione, di emissioni in bronzo di zecche greche della Magna Grecia e della Sicilia, come quelle di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa, Panormos e Gela, il cui valore non risiede solo nell'oro o nel metallo, bensì nella loro unicità storica e nella capacità di raccontare scambi commerciali e dinamiche sociali di epoche lontane.
Questi oggetti, una volta strappati al loro contesto originario con mezzi meccanici e privi di qualsiasi scrupolo scientifico, perdono infatti una parte fondamentale della loro identità, riducendosi a mere merci da scambiare sul mercato nero internazionale, dove collezionisti senza etica sono disposti a pagare cifre esorbitanti pur di accaparrarseli. lametino +3
Il quadro giudiziario e gli arresti
L'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal G.I.P.
del Tribunale di Catania, ha colpito quarantacinque persone, tutte gravemente indiziate, nel rispetto della presunzione di innocenza, di una lunga serie di reati che vanno dall'associazione per delinquere al furto e alla ricettazione di beni culturali, fino alla falsificazione di documenti e all'esportazione illecita.
Le accuse dipingono il quadro di un'organizzazione strutturata, in cui ai tombaroli sul campo si affiancavano falsari, ricettatori e figure con il compito di ripulire il denaro sporco, creando un vero e proprio circuito criminale integrato.
Le indagini, durate tre anni e che hanno visto la collaborazione delle procure di Catania, Catanzaro e Roma, hanno permesso di seguire il filo che dai buchi clandestini nel terreno portava fino alle case d'aste e alle collezioni private, spesso al di fuori dei confini nazionali. ilfattonisseno +3
Il ruolo della cosca e le dichiarazioni del procuratore
Durante la conferenza stampa, il procuratore capo di Catanzaro, Salvatore Curcio, ha sottolineato il coinvolgimento diretto di una delle cosche "più rinomate e antiche" operanti nella zona di Isola di Capo Rizzuto, la cosca Arena, a dimostrazione di come la 'ndrangheta non disdegni di diversificare i propri affari illeciti infiltrandosi in settori ad alto margine di guadagno e, almeno in passato, considerati di minore attenzione investigativa.
"I reperti sono stati rubati e messi a disposizione della cosca per il mercato illecito", ha dichiarato Curcio, chiarendo la dinamica del sistema criminale.
L'operazione, dunque, non si limita al recupero di oggetti di inestimabile valore, ma squarcia il velo su un nuovo capitolo delle attività delle organizzazioni mafiose, pronte a saccheggiare la storia pur di alimentare i propri flussi finanziari, privando le generazioni future di una parte cruciale della propria memoria collettiva. gds +3




