Alto Adige e i canederli: una questione identitaria che sfida il riconoscimento Unesco della cucina italiana

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Redazione Interno Redazione Interno   -   Mentre l'Unesco, con una decisione destinata a fare scuola, iscrive la cucina italiana nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità, celebrandone l'intero corpus – dalla parmigiana di melanzane al risotto alla milanese – una voce fuori dal coro, per quanto prevedibile, si leva dal nord-est del Paese.

L'Alto Adige, infatti, attraverso alcune dichiarazioni che riecheggiano slogan noti, rivendica una distanza culturale anche a tavola, affermando che i canederli, pietanza simbolo del territorio, non appartengano alla cultura gastronomica italiana.

Una presa di posizione, questa, che si inserisce in un solco storico-politico ben preciso e che arriva paradossalmente in un momento in cui, a livello globale, il "Made in Italy" alimentare è spesso oggetto di contraffazioni e appropriazioni indebite, con danni economici stimati in miliardi. virgilio +3

Una celebrazione nazionale e le sue ombre

Il riconoscimento dell'Unesco, accolto con legittimo orgoglio da molte parti, non ha suscitato un entusiasmo unanime e indistinto.

Se da un lato figure come Giuliano Razzoli, produttore di Aceto Balsamico Tradizionale, vedono nell'iscrizione la giusta consacrazione di una cultura millenaria, dall'altro emerge una complessità identitaria che il caso altoatesino rende palese.

La gastronomia, come espressione profonda di un popolo, diventa così il campo di una disputa simbolica: da una parte la visione di un'Italia unita anche nella sua straordinaria varietà culinaria, dall'altra la percezione di una specificità – quella sudtirolese – che attraverso il cibo ribadisce la sua alterità.

Un contrasto che dimostra come il piatto, oltre che oggetto di piacere, sia anche un potente marcatore di appartenenza. corriere +3

Il valore oltre l'eccellenza

Ciò che l'organizzazione delle Nazioni Unite ha sancito, come sottolineato da molti addetti ai lavori, non è la semplice bontà dei piatti italiani, qualità ampiamente riconosciuta, ma il loro status di pratica culturale viva e collettiva.

Si tratta, in altre parole, di tutelare un sapere che va ben oltre la ricetta, comprendendo tecniche, gestualità, rapporti sociali e una relazione unica con i territori.

Un patrimonio che, proprio per la sua natura immateriale, si tramanda di generazione in generazione, come ricordano coloro che attribuiscono il merito di questa vittoria alle nonne.

In questo quadro, la dichiarazione altoatesina sui canederli assume un significato ulteriore: non nega la bontà della pietanza, ma ne contesta la collocazione nello specifico paniere culturale italiano, rivendicandone un'origine e un sentire distinti. pagellapolitica +3

Tra protezione e identità

La scelta dell'Unesco, quindi, accende i riflettori su un dualismo che percorre la penisola.

Da un lato, si erge un muro difensivo contro le imitazioni globali, quelle che smerciano prodotti dai nomi italianeggianti danneggiando l'economia reale; dall'altro, si scopre che dentro lo stesso confine nazionale esistono percezioni diverse su cosa sia "italiano".

La cucina, in questo senso, smette di essere solo un fattore di unità per diventare, in certi contesti, anche un elemento di discussione.

Una discussione che non intacca il valore del riconoscimento internazionale, ma che anzi ne dimostra la profondità, chiamando in causa il modo in cui le tradizioni locali dialogano, o talvolta si contrappongono, a una narrazione nazionale condivisa. sky +3