Referendum sulla giustizia, la partita del calendario e i sondaggi che stringono
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Redazione Interno
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La scelta della data per il voto referendario sulla riforma costituzionale della giustizia, quella voluta dal ministro Nordio, si configura sempre più come una decisiva variabile strategica, la cui determinazione – che il sottosegretario Mantovano assicura avvenire entro la fine dell'anno – influenzerà non poco l'esito finale.
Se, infatti, il governo ha interesse a calendarizzare la consultazione quanto prima, idealmente già alla fine di marzo, per evitare di protrarre oltre il necessario un clima di aspra conflittualità politica, dall'altra parte gli oppositori della riforma traggono vantaggio da una campagna più dilatata nel tempo, che consente loro di sedimentare argomentazioni e sfruttare la visibilità mediatica.
Una dinamica, questa, che rispecchia la classica contrapposizione tra chi punta sul fattore sorpresa e chi, invece, preferisce giocarsi le carte di una mobilitazione graduale e costante, in un confronto il cui esito appare tutt'altro che scontato. secoloditalia +3
Il sondaggio che accorcia le distanze
A rendere ancor più delicata la scelta sul quando votare contribuiscono le ultime rilevazioni demoscopiche, le quali, come l’indagine YouTrend per SkyTg24 pubblicata il 10 dicembre, segnalano un netto avvicinamento tra i due schieramenti.
Il sondaggio, nello specifico, attesta che tra gli elettori che hanno già maturato una preferenza, il fronte del Sì – cioè quello che voterebbe per confermare la riforma – si attesta al 53%, mentre il No raggiunge il 47%, con un distacco dunque ridottosi a soli sei punti percentuali.
Una contrazione significativa, che incoraggia il campo dei contrari e suggerisce come il dibattito pubblico, in queste settimane, stia progressivamente erodendo il consenso iniziale attorno alla modifica costituzionale, sebbene – è bene ricordarlo – il dato confermi ancora una lieve maggioranza per i sostenitori dell’intervento normativo. secoloditalia +3
Le dichiarazioni e il quadro procedurale
Sul tema dei tempi, i principali promotori della riforma sono intervenuti più volte a precisare i passaggi istituzionali previsti, talvolta in modo netto.
Il ministro Nordio, ad esempio, parlando con i giornalisti a fine novembre, ha rimarcato come “la legge sia abbastanza chiara” nel definire una sequenza di step che, comprendendo anche il pronunciamento della Cassazione, delimitano un arco temporale preciso, “con termini perentori e dilatori”, entro il quale la consultazione dovrà necessariamente collocarsi.
Dichiarazioni che hanno il sapore di una risposta alle pressioni che arrivano da varie parti del panorama politico, ansioso di conoscere la data esatta per organizzare la propria macchina elettorale, e che ribadiscono l’intenzione di seguire pedissequamente il dettato normativo, senza forzature in un senso o nell’altro. cremaonline +3
L’importanza del contesto generale
La posta in gioco, d’altronde, trascende il singolo provvedimento e tocca il cuore stesso dell’assetto dei poteri dello Stato, rendendo questo referendum un appuntamento di straordinario rilievo politico.
La stessa definizione di “referendum confermativo”, tecnicamente corretta, rischia di apparire riduttiva dinanzi alla portata simbolica e concreta della scelta che gli italiani saranno chiamati a compiere, chiamati ad esprimersi su un ripensamento profondo dell’organizzazione della magistratura.
In un simile quadro, ogni elemento – dalla tempistica, che può favorire o meno l’affluenza alle urne, all’evolversi del dibattito pubblico, fino alla capacità dei rispettivi comitati di raggiungere gli elettori meno coinvolti – assume un peso determinante, trasformando la campagna elettorale in una complessa ordalia istituzionale il cui esito è strettamente legato al contesto generale, nazionale e internazionale, in cui si svolgerà. ilfattoquotidiano +3




